Prostata, un pacemaker contro i problemi di erezione
Per attenuare i problemi di erezione che affliggono molti uomini operati di tumore alla prostata è stata messa a punto, in Italia e negli Stati Uniti, una tecnica innovativa che prevede l'uso di un "pacemaker" inserito nella cavità pelvica dai chirurghi, durante l'intervento. Il pacemaker può poi essere attivato tramite un telecomando, e genera una serie di deboli impulsi elettrici che a loro volta stimolano i nervi destinati all'erezione (nervi che in molti casi vengono recisi per asportare il tumore). A illustrare questa nuova metodologia, nel corso di un convegno di oncologi che si è svolto a Valderice (Trapani), è stato il professor Patrizio Rigatti, direttore dell'Unità operativa di Urologia dell'ospedale San Raffaele di Milano. "Finora - ha spiegato - abbiamo eseguito quindici interventi di applicazione dei pacemaker, tutti con risultati positivi. E' un sistema sperimentale che attualmente viene utilizzato, oltre che da noi, anche a Baltimora, negli Usa. L'erezione - ha aggiunto Rigatti - è resa possibile grazie all'applicazione di due placche metalliche (rivestite da materiale biocompatibile, ndr) nel solco pelvico, attorno ai nervi che sono deputati all'erezione e che aderiscono alla capsula prostatica". Come dicevamo, sono questi nervi a subire spesso danneggiamenti durante l'asportazione chirurgica della ghiandola prostatica. Se il paziente, dopo l'intervento, non riesce ad avere rapporti sessuali, può utilizzare il pacemaker. Altrimenti, le placche metalliche restano inerti, senza creare problemi all'organismo. Il pacemaker, inoltre, non provoca effetti collaterali e non ha controindicazioni. L'unico problema, secondo Rigatti, è il costo: "Per il momento - dice - siamo ancora al livello di sperimentazione clinica. E pur non conoscendo il prezzo, ritengo che sia proibitivo, almeno in questa fase iniziale". Rigatti è convinto, comunque, che il pacemaker "possa avere una grande diffusione, quando sarà immesso sul mercato: contrariamente alle protesi oggi disponibili, infatti, le placche metalliche sono invisibili e hanno quindi un minore impatto psicologico sul paziente; anche il meccanismo di azione (lo stimolo cioè dei nervi deputati all'erezione del pene) è molto più fisiologico. Sicuramente è un'arma in più per il futuro". Attualmente, anche con l'impiego delle più avanzate tecniche chirurgiche, circa il 50 per cento dei pazienti che subisce l'asportazione della prostata, ha poi problemi erettili. "Ma la percentuale - dice Rigatti - scende al 10 per cento nel caso di soggetti giovani, al di sotto dei sessanta anni di età, in cui la neoplasia viene diagnosticata in fase precoce".
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